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Da Brindisi a Teramo, continuano le aggressioni ai sanitari: una pandemia senza fine

Cannavò (Psichiatra): «Un fenomeno complesso che richiede risposte multidimensionali: ogni episodio di aggressione ai sanitari è diverso dall’altro. Andrebbero studiati la scena del crimine, i fattori di rischio e descritti nel dettaglio i profili degli aggressori e delle vittime». Dagli steward nei pronto soccorso e all’attivazione di sistemi d’allerta sonora e visiva, gli ospedali corrono ai ripari contro le aggressioni ai sanitari

Colpito al volto mentre cercava di prestare soccorso, con una spranga di ferro, nel buio di un parcheggio. Un altro preso a pugni. Sono due dei più recenti episodi di violenza ai danni di professionisti sanitari, accaduti rispettivamente a Francavilla Fontana e Martinsicuro, avvenuti a poche ore di distanza. Entrambi raccontano una verità che la sanità italiana non può più permettersi di ignorare: chi cura, oggi, è sempre più spesso in pericolo. E non perché rischia di essere contagiano da un ‘nuovo Covid’ o perché oppresso da turni massacranti e dal sovraccarico di lavoro. Ma per violenza perpetrata da chi dovrebbe, invece, dire “grazie”. Lo dimostrano i fatti: a Francavilla, in provincia di Brindisi, il dottor Raffaele Quarta, medico del pronto soccorso, è stato aggredito con una mazza di ferro da ignoti al termine del turno; a Martinsicuro, nel Teramano, un operatore del 118 è stato preso a pugni in pieno volto dalla persona che stava cercando di assistere, riportando lesioni giudicate guaribili in 15 giorni. una lunga scia di aggressioni ai sanitari che non accenna a fermarsi.

L’idea della Body cam contro le aggressioni ai sanitari

Questi due atti di violenza, sono purtroppo solo gli ultimi di una lunga lista: «Torniamo a puntare con forza sulla sicurezza degli operatori del soccorso», è l’appello lanciato da Stefano Matteucci, segretario UGL Salute Abruzzo. Tra le varie proposte avanzate per prevenire le aggressioni ai sanitari spicca l’adozione delle body cam: piccoli dispositivi indossabili che permettono la registrazione in tempo reale, il collegamento diretto con la centrale operativa, e soprattutto un deterrente visibile contro chi pensa di trasformare un’ambulanza in un ring. Un’idea concreta, che si affianca alla sperimentazione pugliese degli steward nei pronto soccorso e all’attivazione di sistemi d’allerta sonora e visiva negli ospedali di Catanzaro, Lamezia, Soverato e Soveria Mannelli. Segnali di un sistema che prova a reagire, ma che ancora fatica a uscire dalla logica dell’emergenza per entrare in quella della prevenzione. A ricordarlo è anche la Dott.ssa Marina Cannavò, medico psichiatra, psicoterapeuta e fondatrice dell’AMAD OdV – Associazione per le Malattie Ansia e Depressione: «La violenza a danno degli operatori sanitari e socio-sanitari è un fenomeno complesso e in quanto tale richiede risposte multidimensionali, perché ogni episodio di aggressione è diverso dall’altro. Ciò significa che andrebbero studiati la scena del crimine, i fattori di rischio e descritti nel dettaglio i profili degli aggressori e delle vittime».

AMAD: «Violenza anticamera di importanti patologie psichiatriche»

“Esprimiamo la nostra vicinanza”, “Solidarietà al collega ferito”, “Gesto intollerabile”: cambiano le parole, ma il significato delle frasi pronunciate all’indomani della violenza è sempre il medesimo. Anche se per il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, il tempo della vicinanza simbolica è finito: «la solidarietà non basta più», ha detto. Servono regole, barriere fisiche, strumenti tecnologici, ma soprattutto una rivoluzione culturale. Per Anelli la comunicazione «è un potente antidoto contro la violenza», in ogni luogo, che si tratti di ospedali o di ambulanze. Tuttavia, la comunicazione non basta, se non si considera l’impatto psicologico della violenza subita. «La violenza è un importante rischio lavorativo che causa stress psichico, anticamera di importanti patologie psichiatriche – avverte la Dott.ssa Cannavò -. Infatti la violenza fisica ma anche quella verbale determinano sempre una frattura tra un prima e un dopo l’episodio e l’operatore aggredito necessita di un adeguato supporto psichico per superare ed elaborare il trauma ed evitare la cronicizzazione. La violenza – conclude la Dott.ssa Cannavò – non è solo un problema di sicurezza, ma di benessere e di salute degli operatori sanitari e di conseguenza di tutti i cittadini. È ora di dire ‘Stop alla violenza’, perché la violenza è un attentato alla salute pubblica, come affermiamo da anni con AMAD OdV».

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