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Bambini troppo digitali, il rischio maggiore? Sip: «Danni cognitivi invisibili ma profondi»

La Società Italiana di Pediatria aggiorna le raccomandazioni sull’uso dei dispositivi digitali in età evolutiva: niente smartphone prima dei 13 anni, schermi vietati sotto i 2 anni e sempre con supervisione adulta. Una ricerca sulla crescita neurocognitiva dei bambini sottoposti a stimoli digitali ha rivelato i rischi

di Elisabetta Turra

Il digitale entra troppo presto nella vita dei bambini. Dormono, parlano e si muovono meno. E spesso sono più soli e più ansiosi. Lo confermano i nuovi dati presentati dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) agli Stati Generali della Pediatria 2025: una revisione imponente di oltre 6.800 studi, da cui ne sono stati estratti 78 con evidenze solide sui danni dell’esposizione precoce agli schermi. Un quadro chiaro: ogni ora aggiuntiva di schermi aumenta rischi per sonno, linguaggio, peso, ansia e sviluppo cognitivo. E la pandemia ha aggravato tutto: +4-6 ore al giorno di media, secondo la SIP.

L’utilizzo dei device tra giovani e giovanissimi è sotto la lente della Società Italiana di Pediatria sin dal 2018 «anno in cui abbiamo concentrato la nostra attenzione sui bambini, per poi estendere l’attività di ricerca, nel 2019, agli adolescenti», spiega la dottoressa Elena Bozzola, pediatra e coordinatrice della Commissione Dipendenze Digitali SIP».

Il nodo più preoccupante: lo sviluppo cognitivo

Tra i risultati che più hanno colpito gli esperti ci sono quelli relativi alla crescita neurocognitiva. «Gli effetti su sonno e vista sono più facilmente percepibili – prosegue Bozzola -. Ma i danni sullo sviluppo cognitivo risultano meno visibili nell’immediato e sono più profondi. Le capacità cognitive, l’apprendimento e i risultati scolastici possono essere compromessi con un impatto significativo». La revisione SIP conferma: 30 minuti in più al giorno di schermi raddoppiano il rischio di ritardo del linguaggio sotto i 2 anni, mentre l’uso prima dei 2 anni può alterare le aree cerebrali coinvolte in memoria e alfabetizzazione, come mostrano studi di neuroimaging. «Recenti studi hanno messo in evidenza una modificazione della corteccia e delle reti neurali, aggiunge la pediatra -. Si tratta di alterazioni neuro-anatomiche che, tuttavia, andranno verificate nel tempo».

Senza adulti, il digitale non educa: “Il bambino non impara da solo”

Alcuni contenuti digitali, dai giochi fino a canzoncine e stimoli linguistici, possono essere utili, ma con un limite preciso. «Qualunque strumento, anche ben progettato, se lasciato solo nelle mani del bambino piccolo, non migliora l’apprendimento. Anzi, può risultare controproducente – chiarisce Bozzola -. È indispensabile la mediazione di un adulto, che aiuti a dare senso a ciò che il bambino vede. Senza questa presenza aumenta il rischio di deficit di attenzione e riduzione delle capacità cognitive».

Adolescenti: sonno alterato, ansia, aggressività. «Segnali simili all’ADHD»

Negli adolescenti il quadro cambia, ma non migliora. “Un forte coinvolgimento digitale porta ad alterazioni della qualità e quantità del sonno, con giornate scolastiche meno attente e un calo dei risultati – afferma Bozzola -. Sono segnali che possono ricordare alcuni aspetti dell’ADHD”. Oggi l’89% degli adolescenti dorme con il cellulare in camera: con schermi la sera, notifiche e social la deprivazione cronica di sonno è ormai endemica.

Il ruolo dei genitori: «Il problema può diventare incontrollabile, dipende da noi»

Secondo Bozzola, la prima prevenzione passa dagli adulti. «Molti genitori non sono consapevoli dei danni che, senza volerlo, possono causare. Potrebbe essere l’inizio di un problema destinato a diventare incontrollabile? Dipende da noi. Da come riusciremo a modificare i nostri comportamenti – chiarisce l’esperta -. Ci sono genitori distratti, che passano poco tempo con i figli perché assorbiti dal cellulare. Serve educare prima noi stessi: prenderne consapevolezza, parlarne con il pediatra». E infatti oggi solo il 16% dei pediatri affronta il tema digitale nei bilanci di salute. «Dovrebbe diventare parte integrante delle visite di controllo e dei bilanci di salute», evidenzia Bozzola.

Le nuove raccomandazioni SIP: niente smartphone prima dei 13 anni

Tra le indicazioni presentate dalla SIP:

  • No smartphone personale prima dei 13 anni
  • No accesso libero a Internet sotto i 13 anni
  • Vietati gli schermi sotto i 2 anni
  • 2-5 anni: meno di 1 ora al giorno e sempre con un adulto
  • Dopo i 5 anni: massimo 2 ore
  • No schermi ai pasti e prima di dormire
  • Ritardare il più possibile i social media
  • Favorire sport, lettura, gioco e vita all’aperto

Per la SIP, “ogni anno guadagnato senza digitale è un investimento in salute mentale, emotiva, cognitiva e relazionale”.

Verso un “family plan digitale”: regole condivise, non divieti

Quali sono, dunque, i passi concreti da intraprendere? «Il primo passo è la consapevolezza e la volontà delle famiglie di educare, non di imporre limiti – suggerisce Bozzola -. Serve costruire un family plan digitale, condividendo con i figli un uso più sano della tecnologia». Alcuni danni, come la secchezza oculare, possono essere reversibili se si riduce l’esposizione. Ma gli effetti sullo sviluppo cerebrale si prevengono solo con scelte precoci.

«Più esperienze reali, meno digitale non supervisionato»

Il messaggio finale di Bozzola è chiaro: «Non serve demonizzare la tecnologia, ma insegnare a usarla con misura e consapevolezza. Ogni ora passata davanti a uno schermo è un’ora sottratta al gioco, allo sport, alla creatività. Più esperienze reali, meno digitale non supervisionato: è questa la vera sfida educativa di oggi».

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