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Sindrome di Lynch, Fondazione Onda: «Strategia di screening assente e differenze territoriali, lavorare su prevenzione»

La sindrome di Lynch è una condizione ereditaria associata a un aumentato rischio di sviluppare nell’arco della vita diversi tipi di tumori, principalmente del colon retto e dell’endometrio. «Robuste evidenze dimostrano l’efficacia delle strategie di prevenzione nei soggetti portatori delle varianti patogenetiche» spiega Francesca Merzagora, Presidente Onda

Un accesso equo e omogeneo ai percorsi di screening e presa in carico delle persone ad alto rischio eredo-familiare per la sindrome di Lynch. È la ‘call to action’ rivolta alle istituzioni emersa da due tavoli interregionali (Nord e Centro-Sud Italia) organizzati da Fondazione Onda Ets a marzo e maggio 2025, i cui risultati sono stati presentati a Roma insieme ai dati di un’analisi economica su un percorso di screening per la malattia, condotta da Altems Advisory – Alta Scuola di economia e management dei sistemi sanitari. La sindrome di Lynch – ricorda Onda – è una condizione ereditaria associata a un aumentato rischio di sviluppare nell’arco della vita diversi tipi di tumori, principalmente del colon retto e dell’endometrio. Si stima che colpisca 1 persona ogni 279. La sua identificazione precoce permette di attivare strategie di prevenzione e sorveglianza personalizzate, con un impatto rilevante sulla riduzione della mortalità.

In Italia non c’è strategia di screening per sindrome di Lynch

Nonostante l’evidenza clinica, in Italia non esiste ancora una strategia di screening universale su scala nazionale che conduca all’individuazione della patologia a partire dall’analisi dei campioni istologici di tutti i nuovi casi di tumori colorettali e dell’endometrio. «Sebbene lo screening universale per la sindrome di Lynch sia stato suggerito già dal 2008, la sindrome sia stata inserita nei Lea e il Piano oncologico nazionale preveda indicazioni specifiche, è tuttora largamente sottodiagnosticata – afferma Francesca Merzagora, presidente di Fondazione Onda -. Robuste evidenze dimostrano l’efficacia delle strategie di prevenzione nei soggetti portatori delle varianti patogenetiche, in termini di maggior sopravvivenza e miglior qualità della vita, nonché di riduzione dei costi a carico del sistema sanitario. Tuttavia, nel nostro Paese si rileva una marcata disomogeneità dei percorsi diagnostico terapeutici a livello regionale, con conseguenti disparità sul territorio nella sua identificazione. Un dialogo aperto e un confronto costruttivo tra società scientifiche, associazioni di pazienti e istituzioni, come quello che ha promosso Fondazione Onda, rappresentano i presupposti essenziali per affrontare una sfida complessa e multidimensionale che non è soltanto organizzativa e formativa, ma anche culturale, per assicurare equità e pari opportunità a tutti i cittadini in tutte le regioni».

L’analisi di Altems Advisory evidenzia come una strategia di screening per la sindrome di Lynch in Italia rappresenti un’opportunità sostenibile per il Servizio sanitario nazionale. Dalla Cost-Utility Analysis svolta nell’indagine emerge che lo screening genetico per la malattia, pur generando costi aggiuntivi, risulta altamente costo-efficace, con un Icer (Incremental Cost-Effectiveness Ratio) di 478 euro/Qaly (Quality Adjusted Life Years), ben al di sotto della soglia accettata di 30mila/QALY. La Cost-Of-Illness Analysis ha mostrato che l’incremento del costo per paziente (63,79 euro) è ampiamente giustificato dai benefici in termini di prevenzione e diagnosi precoce. L’adozione di una strategia di screening per la sindrome di Lynch viene quindi ritenuto “un investimento sostenibile e ad alto valore clinico per il Ssn. L’identificazione tempestiva dei soggetti a rischio consente di attivare percorsi di sorveglianza mirati, migliorando gli esiti di salute e riducendo i costi legati alla gestione tardiva”.

I due tavoli interregionali sulla sindrome di Lynch

I due tavoli tecnici interregionali hanno visto la condivisione di esperienze territoriali che hanno evidenziato l’esistenza di percorsi strutturati e codificati, come in Campania, Lombardia e Toscana. In particolare, l’esperienza del percorso campano dimostra per esempio l’efficacia di un’integrazione della medicina generale. Fondamentale nel lavoro di entrambi i tavoli – rimarca Onda – è stato inoltre il riferimento allo studio Italynch, avviato nel 2021 con l’obiettivo di valutare la frequenza della diagnosi della sindrome di Lynch e la fattibilità del mainstreaming come algoritmo diagnostico per la patologia, e stimare la riduzione del carico di lavoro sui servizi specialistici di genetica medica in rapporto al modello tradizionale di consulenza genetica e il numero di parenti a rischio coinvolti in programmi di prevenzione ad hoc.

Dai tavoli è emersa la necessità di: migliorare le conoscenze attraverso la ricerca epidemiologica, di base e clinica, per sviluppare procedure uniformi, migliorare le capacità di identificare le persone a rischio, ottimizzare la prevenzione e implementare protocolli di sorveglianza condivisi; implementare la formazione per tutti i professionisti coinvolti (medici specialisti, medici di medicina generale, tecnici e personale di laboratorio, tra gli altri) e investire nella formazione della figura professionale del counselor/infermiere genetico, che attualmente manca in Italia, per rendere più efficienti i percorsi e ridurre il carico sui servizi di genetica medica; promuovere un’integrazione coordinata tra la rete delle malattie rare e quella oncologica e un’efficiente digitalizzazione, puntando sull’identificazione dei familiari da inserire in percorsi specifici di prevenzione e sorveglianza, sulla presa in carico e l’accesso agli accertamenti previsti dai protocolli e a eventuale chirurgia profilattica; garantire un accesso equo, omogeneo e tempestivo ai percorsi di prevenzione e terapeutici, investendo risorse costo-efficaci dal punto di vista della sostenibilità economica in una prospettiva di medio e lungo termine. I due tavoli tecnici interregionali sono stati organizzati da Fondazione Onda con il contributo incondizionato di Gsk.

Il tavolo tecnico Nord (Lombardia-Veneto-Liguria) si è riunito il 18 marzo, patrocinato da Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), Fondazione Mutagens e Simg (Società italiana di medicina generale e delle cure primarie); il tavolo tecnico Centro-Sud (Campania-Lazio-Toscana) si svolto il 22 maggio, patrocinato da Aifet (Associazione italiana familiarità ed ereditarietà tumori), Fondazione Mutagens e Simg. I due tavoli si inseriscono in un progetto più ampio promosso da Fondazione Onda alla luce di quanto emerso dal confronto tra istituzioni, comunità scientifica, associazioni di pazienti e società civile in un tavolo istituzionale a luglio 2024. 

Malavasi: «Maggiore formazione per medici e specialisti»

«I temi che interessano il percorso di diagnosi e presa in carico delle persone con sindrome di Lynch, purtroppo comuni anche ad altre simili patologie ne fanno una sorta di specchio della situazione relativa in particolare alle malattie di origine genetica – dichiara Ilenia Malavasi, componente XII Commissione Affari sociali della Camera – In primo luogo, infatti, abbiamo la richiesta di una maggiore formazione per medici e specialisti, per poter giungere all’individuazione di una diagnosi corretta – ancora attualmente sottostimata – e indirizzare precocemente le persone verso i necessari percorsi terapeutici. In secondo luogo, rileviamo le disparità territoriali che danno vita a un mosaico di situazioni dove le persone e le loro famiglie non godono delle stesse possibilità, degli stessi sostegni e delle stesse opportunità di cura sull’intero territorio nazionale. Il sistema sanitario nazionale rappresenta un elemento fondamentale della nostra democrazia: proprio per questo le diseguaglianze che colpiscono cittadini e cittadine, ancor più in un momento di fragilità o bisogno, non sono tollerabili. Il punto centrale sul quale impegnarsi rimane quello degli investimenti, in risorse e formazione, rendendo inoltre attivo il ruolo e la voce delle associazioni e dei pazienti nei processi decisionali».

«Le applicazioni della genetica in medicina hanno risvolti estremamente importanti per la prevenzione primaria e secondaria di alcune malattie – commenta Maurizio Genuardi, presidente Aifet – In ambito oncologico circa il 5-10% dei tumori si sviluppa in persone che hanno un alto rischio su base genetica e che necessitano di percorsi diagnostici-preventivi multidisciplinari. Aifet è la società scientifica con una storia di più di 30 anni, che vede coinvolti specialisti di diverse branche della medicina nell’assistenza e nella ricerca in questo campo».

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