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Alzheimer, con progetto Interceptor individuati biomarcatori che predicono demenze

Lo studio nasce dalla considerazione che le persone con disturbo cognitivo lieve (o MCI, Mild Cognitive Impairment) sono a maggior rischio di andare incontro a demenza entro tre anni e che le nuove terapie presentano importanti effetti collaterali, il che rende necessario individuare i candidati con miglior rapporto rischio/beneficio. «Le malattie neurodegenerative rappresentano una delle maggiori sfide del nostro tempo» ha affermato il Ministro della Salute Orazio Schillaci terapia alzheimer

La combinazione di più biomarcatori può permettere di individuare le persone a maggior rischio di sviluppare demenza tra quelle che soffrono di un disturbo cognitivo lieve, che sono quindi i candidati ideali per erogare precocemente i primi trattamenti che agiscono sui meccanismi biologici di sviluppo della malattia come quelli di recente approvati dalle Autorità per il Farmaco americane e di prossima approvazione da parte dell’agenzia europea. Lo dimostrano i primi risultati del progetto nazionale Interceptor, promosso e finanziato nel 2018 dal Ministero della Salute e dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), presentati durante un Convegno organizzato dall’Osservatorio Demenze del Centro Nazionale Prevenzione delle Malattie e Promozione della Salute (CNaPPS) dell’ISS, dal Dipartimento Neuroscienze – Unità Clinica della Memoria del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e dal Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’IRCCS San Raffaele. 

Schillaci: «Cica sei milioni di persone coinvolte nelle malattie neurodegenerative» terapia alzheimer

«Le malattie neurodegenerative – ha affermato il Ministro della Salute Orazio Schillaci – rappresentano una delle maggiori sfide del nostro tempo. In Italia oltre un milione di persone sono affette da malattie neurodegenerative, quasi 900mila presentano deterioramento cognitivo lieve, condizione che può evolvere in demenza. Consideriamo poi i 4 milioni di familiari di caregiver impegnati nell’assistenza di tutte queste persone. Calcoliamo, quindi, che in Italia le persone coinvolte, che hanno a che fare con le demenze, sono circa sei milioni. Lo scorso anno abbiamo rifinanziato il Fondo per l’Alzheimer e le demenze con 35 milioni di euro per il triennio 2024-2026 e lo scorso 7 ottobre è stato pubblicato il decreto di riparto del Fondo alle Regioni con una quota riservata all’Istituto Superiore di Sanità per le attività di supporto. C’è impegno da parte del ministero della Salute nell’ambito dei disturbi del sistema cognitivo con i fondi alla ricerca finalizzata. Con i fondi Pnrrabbiamo destinato oltre 24 milioni a 26 progetti di ricerca». 

Terapie più efficaci se somministrate precocemente

Lo studio è nato sul finire del 2016 in risposta alla possibile approvazione da parte della Food and Drug Administration del primo farmaco contro l’amiloide, il cui accumulo nel cervello viene ad oggi considerato una delle principali cause della demenza di Alzheimer. Promotore e coordinatore è stato Il Professore Paolo Maria Rossini che all’epoca era il direttore dell’Unità Operativa di Neurologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS (attualmente responsabile del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’IRCCS San Raffaele-Roma). Si è basato sulla considerazione che le terapie sono più efficaci se somministrate precocemente, che le persone con disturbo cognitivo lieve (o MCI, Mild Cognitive Impairment) sono a maggior rischio di andare incontro a demenza entro tre anni e che le nuove terapie presentano importanti effetti collaterali, il che rende necessario individuare i candidati con miglior rapporto rischio/beneficio. 

Inoltre, i costi altissimi ed il fatto che solo il 30-40% degli MCI progredisce verso la demenza, rendono impossibile una somministrazione su larga scala (i pazienti con MCI in Italia sono circa 950mila). Complessivamente, partendo da circa 500 volontari che hanno acconsentito a partecipare allo studio, sono stati analizzati 351 partecipanti con declino cognitivo lieve (MCI). I partecipanti, arruolati in 19 centri clinici diffusi in tutto il territorio nazionale, sono stati sottoposti a una serie di esami per rilevare i seguenti biomarcatori: MMSE per la valutazione delle funzioni cognitive, il DFR per la valutazione della memoria episodica, FDG-PET per l’analisi dell’attività metabolica cerebrale, Risonanza Magnetica (RM) volumetrica per la valutazione dell’atrofia ippocampale, EEG per lo studio della connettività cerebrale, test genetico per APOE e4 ed infine esame del liquido rachidiano per la misurazione dei markers biologici di malattia di Alzheimer. Durante il follow-up 104 pazienti con MCI sono progrediti ad una forma di Demenza, di questi 85 verso la diagnosi clinica di Demenza di Alzheimer (AD). I partecipanti sono stati seguiti in media per 2,3 anni, con valutazioni neuropsicologiche e funzionali ogni 6 mesi. Il modello finale include otto predittori: sesso, età, Amsterdam IADL, familiarità per la demenza, MMSE, volume dell’ippocampo sinistro (RM), rapporto abeta-42/p-tau e parametro combinato di Small Worldness dell’EEG. Questo modello ha dimostrato buone capacità prognostiche nel predire la conversione a demenza, classificando correttamente l’81,6% delle persone con MCI sia quelle che convertiranno a demenza che quelle che resteranno stabili. Nel caso di approvazione da parte di AIFA di qualcuno dei nuovi farmaci, la comunità di Ricercatori di Interceptor si propone ora per un Interceptor 2.0 per validare il modello su un relativamente piccolo numero di soggetti e verificare sul campo la capacità di selezione dei soggetti ad alto rischio e di erogazione e monitoraggio del farmaco. 

«Ulteriori risultati, vista la vastità delle informazioni raccolte, saranno certamente disponibili nei prossimi mesi e anni – spiega Rossini -, inclusi quelli ottenibili attraverso algoritmi di Intelligenza Artificiale. Da queste analisi sono emersi importanti rilievi scientifici ed organizzativi per la lotta alle demenze, in particolare per una diagnosi precoce ed anche per una prevenzione efficace. Diversi articoli scientifici sono già stati pubblicati su questo dataset e altri seguiranno presto, anche grazie alle numerose collaborazioni avviate negli ultimi due anni con diversi gruppi di ricerca italiani”. Il Presidente dell’ISS Rocco Bellantone ha sottolineato «il ruolo estremamente importante dell’Istituto in questo progetto di grande rilevanza per la sanità pubblica che si è concretizzato nell’elaborazione di un modello predittivo per il calcolo del rischio a tre anni di conversione dal MCI a demenza di Alzheimer». 

«Il Progetto Interceptor, finanziato da Aifa, rappresenta un passo avanti fondamentale verso l’individuazione di biomarcatori in grado di predire chi, affetto da disturbi cognitivi lievi, avrà in seguito maggiori possibilità di sviluppare l’Alzheimer. Consentendo così un utilizzo più mirato di terapie altamente costose, che rischierebbero altrimenti di mettere in seria crisi l’intero sistema di assistenza sanitaria», ha affermato il Presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco, Robert Nisticò, intervenendo questa mattina all’Istituto Superiore di Sanità nel corso del convegno per la presentazione dei risultati dello studio che mirava a individuare un insieme di biomarcatori in grado di predire l’insorgenza della malattia di Alzheimer nelle persone con disturbo cognitivo lieve. «L’Ema – ha proseguito Nisticò – ha recentemente approvato il lecanemab, un anticorpo monoclonale che ripulisce il cervello della beta amiloide, la proteina che accumulandosi nel cervello può generare infiammazioni che portano alla neurodegenerazione e a disturbi come la perdita della memoria. Ma sull’efficacia del farmaco c’è ancora molta incertezza, perché rimuovere la beta amiloide non necessariamente ha un impatto positivo sul paziente in termini clinici e funzionali. Possiamo dire che questo, come altri già approvati dalla FDA americana, sono farmaci che rallentano il decorso della malattia, ma lo fanno in maniera transitoria e la loro efficacia a lungo termine è ancora tutta da verificare».

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