
Il modello elaborato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa potrebbe aiutare a identificare l’Alzheimer quando i segni clinici sono ancora lievi, ma sono già presenti alterazioni biologiche. L’approccio ha consentito di predire nell’88% dei casi l’esito dell’esame del liquido cerebro-spinale basandosi solo sull’elettroencefalogramma
Vuoti di memoria e amnesie temporanee: un nuovo metodo aiuta a capire se sono sintomi che derivano da invecchiamento o stress oppure se sono la spia di una possibile alterazione del cervello legata all’insorgere della malattia di Alzheimer. Lo indica lo studio, coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e condotto insieme all’Azienda ospedaliero universitaria Careggi e l’Università di Firenze, che ha avviato lo sviluppo di un nuovo metodo che, grazie alla combinazione di modelli matematici ed elettroencefalogramma, potrebbe aiutare a riconoscere sempre più precocemente i sintomi dell’Alzheimer.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Alzheimer’s Research & Therapy, «apre la strada a nuove tecniche diagnostiche che, con le necessarie verifiche, in futuro potranno supportare i medici nella pratica clinica», si spiega dalla Sant’Anna.
Metodo più semplice da utilizzare negli ospedali
«Siamo riusciti a farlo – aggiunge Alberto Mazzoni, docente della Scuola e coordinatore del progetto – con un metodo completamente nuovo, potenzialmente molto più semplice da utilizzare per ospedali e pazienti rispetto ai metodi attualmente in uso».
Per Valentina Bessi, responsabile del centro disturbi cognitivi e demenze di Careggi, «la tecnologia è promettente e può essere un ulteriore strumento per aiutare nella diagnosi il medico, conoscitore della complessità fisica, psichica e sociale del paziente, perché è fondamentale identificare l’Alzheimer quando i segni clinici sono ancora lievi, ma sono già presenti alterazioni biologiche, rendendo la diagnosi precoce e consentendo l’accesso a trattamenti innovativi che potrebbero rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita».
Lo studio ha analizzato i dati di 124 persone, di cui 86 con lievi disturbi cognitivi solo soggettivi. Il nostro approccio ha consentito di predire nell’88% dei casi l’esito dell’esame del liquido cerebro-spinale basandosi solo sull’elettroencefalogramma. Inoltre, siamo stati in grado di predire 7/7 conversioni ad un declino cognitivo obiettivabile.
Un modello matematico per predire progressione Alzheimer
«Abbiamo utilizzato un modello matematico che descrive il cambiamento dell’attività del cervello al progredire dell’Alzheimer per investigare i segnali che annunciano l’inizio della malattia – osserva Lorenzo Gaetano Amato, studente del corso phd in biorobotica della Scuola Sant’Anna e autore principale della scoperta -. Il passo successivo è stato quello di analizzare l’attività cerebrale di oltre cento anziani con lievi problemi di memoria tramite una semplice registrazione dell’elettroencefalogramma. Combinando queste analisi, per ognuno di loro è stata sviluppata una versione personalizzata del modello del cervello che ci ha consentito di capire quali di loro fossero a rischio di sviluppare l’Alzheimer».
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