
In un’intervista a Voce della Sanità, la dottoressa Luigia Fioramonti, Presidente della CdA dei Terapisti Occupazionali dell’Ordine TSRM PSTRP di Roma e Provincia, in occasione della Giornata Mondiale del Parkinson 2025, illustra l’utilità della Terapia Occupazionale
di Elisabetta Turra
L’Italia si tinge di blu: oltre 30 monumenti ed edifici storici, tra cui spiccano i palazzi istituzionali romani come Palazzo Madama, Montecitorio e Palazzo Chigi, si illumineranno nella notte dell’11 aprile per celebrare la Giornata Mondiale del Parkinson 2025. “Spark the Night” – Accendi la Notte – è una campagna globale ideata per fare luce sul Parkinson, un’iniziativa concepita per aumentare la consapevolezza sulla malattia in tutto il mondo. “La notte spesso amplifica l’isolamento, l’ansia e la solitudine di chi vive con il Parkinson – afferma Larry Gifford, presidente dei PD Avengers (Global Alliance to End Parkinson’s Disease), l’Associazione di pazienti promotrice dell’’iniziativa -. Spark the Night è il nostro modo di trasformare l’oscurità in luce, illuminando il mondo con la speranza e la solidarietà per le persone colpite da questa malattia”. La speranza di ogni paziente e caregiver è soprattutto che si possa presto trovare una cura. Ad oggi, è solo con un approccio multidisciplinare alla malattia che è possibile assicurare al paziente la migliore qualità di vita. E non si tratta solo di cure farmacologiche, ma anche di trattamenti non farmacologici che sostengono la persona giorno dopo giorno. Tra questi spicca la Terapia Occupazionale. Per comprenderne il ruolo abbiamo intervistato la dottoressa Luigia Fioramonti, Presidente della CdA dei Terapisti Occupazionali dell’Ordine TSRM PSTRP di Roma e Provincia.

Dottoressa Fioramonti, qual è il ruolo del Terapista Occupazionale al momento della diagnosi di malattia di Parkinson?
«Si tratta di un ruolo importante che tiene conto sia del momento in cui viene posta la diagnosi, rispetto al decorso della patologia, sia delle differenze tra le persone che la ricevono. Un aspetto specifico della nostra figura professionale è la valutazione delle abilità di performance e gli aspetti che le sostengono o le ostacolano, tra cui i fattori ambientali e l’interazione tra la persona e l’ambiente. È fondamentale per l’esecuzione della performance occupazionale, ciò che la persona desidera fare o deve fare o che gli altri si aspettano che faccia nelle attività di vita quotidiana. Si interviene con training per il mantenimento dell’autonomia nelle attività di vita quotidiana significative, con la guida alla suddivisione di attività complesse in attività più semplici, per facilitarne l’esecuzione, con training al self-management per la gestione della fatica e con training al mantenimento dell’attenzione e della concentrazione durante il movimento; con piccole modifiche ambientali per la prevenzione delle cadute».
Come si stabilisce quale percorso terapeutico dovrà effettuare un singolo paziente?
«L‘intervento di Terapia Occupazionale è centrato sulla persona e focalizzato sulla performance: l’obiettivo primario è permettere alle persone di svolgere le attività della vita quotidiana e di partecipare attivamente alla vita della propria comunità, modificando i fattori relativi alla persona o all’occupazione o all’ambiente (anche in combinazione tra loro) con l’obiettivo di promuovere la salute e il benessere attraverso le occupazioni significative per ciascuno. Il Terapista Occupazionale, all’interno dell’equipe multidisciplinare, effettua l’osservazione e la valutazione utilizzando i modelli occupazionali, tenendo presenti gli aspetti cognitivi e le condizioni psichiche, per definire il programma terapeutico a partire dalle necessità e priorità espresse dalla persona stessa, condividendolo con lei».
Dottoressa Fioramonti, può farci degli esempi pratici di Terapia Occupazione per una persona affetta da Parkinson?
«Come già detto, verranno prese in considerazione le abilità di performance e i fattori ambientali, che potrebbero costituire una facilitazione o una barriera nelle varie aree della vita quotidiana: dalla cura di sé, agli spostamenti sia all’interno della propria abitazione che all’esterno, nei luoghi normalmente frequentati. Sarà possibile anche individuare strategie che facilitino l’esecuzione del movimento durante le occupazioni (contare, segnare con nastro il percorso). I follow up saranno effettuati per eventuale necessità di strategie più adeguate ed efficaci, se necessarie nel tempo. Per le diverse aree di attività di vita quotidiana, a secondo del decorso della patologia, si individueranno strategie e soluzioni che permettano l’autonomia possibile: pensiamo ai vari aspetti dell’alimentazione (tagliare cibi, portare alla bocca la forchetta o il bicchiere) o della cura di sé (lavarsi, vestirsi), con possibile scelta di piccoli ausili per la vita quotidiana e il training all’utilizzo, sempre in un’ottica di riduzione della fatica e del rischio di caduta. Un aspetto importante è il training alla scrittura, poiché la micrografia è una caratteristica di questa patologia, e quindi si interviene per il mantenimento della possibilità di scrittura, pensiamo all’importanza di poter firmare. C’è poi l’aspetto dell’individuazione, prova e scelta di ausili per la mobilità, che permetteranno in fase avanzata di malattia gli spostamenti interni ed esterni in autonomia o con l’assistenza del care-giver. Questa figura è molto importante: fin dall’inizio del trattamento sarà coinvolta, poiché gli aspetti sociali hanno un forte impatto sulla vita della persona e dei suoi familiari».
Come si adatta la Terapia Occupazionale al peggioramento della malattia?
«La pratica clinica del Terapista Occupazionale si adatta enfatizzando la natura occupazionale delle persone, l’importanza dell’auto-determinazione, della volontà, dell’interesse, dell’adattamento, quindi rispondendo alle necessità espresse dalla persona e dai suoi familiari. È necessario rispondere alle necessità che man mano emergono, come detto in precedenza, sempre nell’ottica di favorire la partecipazione della persona. Pensiamo, per esempio, alla necessità di dedicare la dovuta attenzione alla comunicazione, anche attraverso l’uso di tecnologie assistive».
La Terapia Occupazione accompagnerà la persona per tutta la sua vita, dalla diagnosi in poi?
«Si, a seconda della modalità di trattamento – che dipenderà dal decorso della malattia – sarà necessario inserire questo tipo di trattamento nel Progetto Riabilitativo, proprio per fornire alla persona le strategie e le risposte alle sue necessità, così da poter trovare la maggiore soddisfazione nelle proprie performance occupazionali».
Quali sono i risultati ottenibili?
«L’efficacia della Terapia Occupazionale per le persone con malattia di Parkinson è fortemente dimostrata. Sono numerose le raccomandazioni per la presa in carico di questi pazienti, sia nelle Linee Guida Italiane, come in quelle internazionali. La Terapia Occupazionale ha benefici effetti sulla qualità di vita delle persone con malattia di Parkinson, sia nel breve che nel lungo periodo».
Per concludere, la Terapia Occupazionale è ben diffusa tra i malati di Parkinson o ci sono delle lacune nel nostro SSN?
«Purtroppo, dobbiamo rilevare una situazione non omogenea sul territorio nazionale, spesso la riabilitazione non è inserita in un progetto di presa in carico globale e a lungo termine della persona, per il mantenimento delle sue capacità e del suo inserimento sociale. La mancanza di servizi di Terapia Occupazionale ha come conseguenza il mancato diritto alla salute: ci auguriamo che possano essere sviluppati in modo adeguato – soprattutto a livello di riabilitazione territoriale – per rispondere alle domande di salute della popolazione, sulla base delle evidenze scientifiche».