
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine esprime soddisfazione per la scelta di collocare lo Psicologo di Assistenza Primaria nelle Case di Comunità. Ma il sindacato Aupi troppe contraddizioni e ambiguità sui consultori: «Regioni non lo approvino»
Le modifiche al Piano di Salute mentale piacciono agli psicologi del CNOP anche se resta il nodo dei consultori. «È un passo molto importante, lo Psicologo di Assistenza Primaria non viene più collocato nei Dipartimenti di salute Mentale come previsto dal precedente documento, ma nei Distretti sanitari e nelle Case della Comunità, in coerenza con gli obiettivi di prossimità e di prevenzione dichiarati dal Piano stesso» spiega Maria Antonietta Gulino, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (Cnop), che esprime complessivamente soddisfazione per il fatto che «la nuova bozza del Piano Nazionale di Azione per la salute Mentale 2025-2030 abbia recepito le nostre indicazioni sull’inquadramento dello Psicologo di Assistenza Primaria».
Tuttavia, «restano criticità rilevanti rispetto al ruolo della Psicologia nei Consultori, dove è necessaria una chiara ridefinizione delle funzioni professionali e dell’inquadramento anche nei rapporti con l’Autorità giudiziaria».
Il testo è ora all’attenzione della Conferenza Unificata e «ci auguriamo che il lavoro fin qui svolto sia sostenuto da tutte le Regioni e dai rappresentanti istituzionali, per consolidare finalmente il ruolo che la Psicologia deve assumere nel nuovo quadro normativo della salute mentale e del benessere psicologico».
Aupi: «Regioni non approvino piano, così consultori snaturati»
Più critico l’Aupi, il sindacato degli Psicologi italiani, con il Segretario generale Ivan Iacob che sottolinea in riferimento ai consultori: «Il documento mostra ambiguità e contraddizioni tali da far pensare a una volontà politica di ridimensionarne il ruolo, soprattutto nelle attività di carattere giudiziario. Se fosse davvero questa l’intenzione, sarebbe quantomeno necessario evitare errori di natura normativa – prosegue -. Un esempio è la questione della mediazione familiare: la normativa Cartabia ha istituito la figura del mediatore, che deve essere iscritto ad appositi albi. Non si tratta di una funzione del consultorio, come sembra suggerire il piano. Altro punto critico è la definizione delle relazioni del consultorio come ‘tecniche’, quando sono relazioni di natura clinica».
Per Iacob «ancora più problematica appare la parte in cui si richiama alla sanità pubblica e alla certificazione medico-legale come ambito di attività dei consultori. Tale previsione è priva di fondamento: i consultori non dispongono di figure mediche deputate a questo tipo di certificazione, né rientra nelle loro competenze istituzionali. Attribuire loro funzioni di medicina legale significherebbe snaturarne la missione e confondere il piano sanitario con quello giudiziario».
A giudizio di Aupi, «appare urgente che le Regioni non approvino un piano formulato in questi termini. È necessario un lavoro più accurato, condiviso con i professionisti che ogni giorno operano nei consultori. In caso contrario, si corre il rischio concreto di snaturare i consultori».
Rimani aggiornato su www.vocesanità.it