
L’epidemiologo del Campus Biomedico: «Le mutazioni sono casuali e non possono essere temporalizzate: nessuno può prevedere quando avverrà questo temuto salto di specie che permetterà il contagio interumano da aviaria»
di Elisabetta Turra
Se tutti i Paesi del mondo, o almeno quelli dove gran parte dell’economia si regge sull’allevamento, adottassero le misure di controllo e prevenzione delle zoonosi in vigore in Italia, l’aviaria non sarebbe un problema, né in America, né in altrove. È questo, in estrema sintesi, che si evince dalle parole di Massimo Ciccozzi, professore Ordinario ed Epidemiologo molecolare responsabile dell’Unità di statistica medica ed epidemiologia molecolare Università Campus Bio-Medico di Roma, intervistato da Voce della Sanità.
Cresce l’attenzione sul pericolo “aviaria”
La tensione sull’argomento “aviaria” è salita quando il virus H5N1, prima isolato solo tra i volati, è stato identificato anche nei mammiferi. “Nell’arco di dieci anni sono almeno 30 le mutazioni importanti rilevate. Ne sono state identificate molte di più, ma non tutte meritano la stessa attenzione. L’ultima, in ordine cronologico, ad aver attirato l’attenzione degli scienziati è stata quella identificata in una pecora di un allevamento nel Regno Unito, nello Yorkshire”, spiega il professore. E una mutazione dopo l’altra non è escluso che il virus H5N1 possa fare il salto di specie e diventare trasmissibile da uomo a uomo. «Finora non è mai stato registrato nessun caso al mondo in cui un essere umano abbia contratto l’aviaria da un altro essere umano – aggiunge Cicozzi -. Tutti i casi rilevati tra gli uomini sono scaturiti da contatti diretti con animali infetti e l’influenza aviaria ha sempre dato origine a sintomi piuttosto lievi, simil influenzali». Eppure, per evitare che questo ‘salto di specie’ avvenga, sarebbe sufficiente contenere la diffusione del virus, impedendo le continue mutazioni.

Seguire il modello di sorveglianza adottato in Italia
«Le mutazioni sono casuali e non possono essere temporalizzate: nessuno può prevedere quando avverrà questo temuto salto di specie che permetterà il contagio interumano. E nessuno può escludere che ciò prima o poi avvenga», dice l’esperto. A questo punto la domanda sorge spontanea: Come è possibile frenare le continue mutazioni del virus? «Bisognerebbe eliminare gli allevamenti intensivi. Se gli animali non vivessero costipati l’uno accanto all’altro, si eviterebbe il contagio, laddove uno degli esemplari presenti in un allevamento contraesse l’aviaria – spiega il docente -. Tuttavia, sono ben consapevole che la soluzione appena proposta è totalmente utopica, poiché porterebbe al collasso economie di interi Paesi». Ed è a questo punto che veniamo al ‘modello Italia’. «Se tutti i Paesi adottassero la sorveglianza attiva in Italia, un eventuale contagio verrebbe immediatamente individuato e circoscritto. Ovvero, identificato, ad esempio, il bovino malato, sarebbe sufficiente mettere in quarantena tutti quelli a stretto contatto, ‘salvando’ tutti gli altri animali dell’allevamento. Una procedura che in Italia è prassi consolidata, ma che, purtroppo, non lo è altrove».
Monitorare le zoonosi nel mondo
Tuttavia, considerando i rischi a cui è potenzialmente esposta la popolazione mondiale sarebbe auspicabile un cambio di rotta che preveda un incremento del monitoraggio delle zoonosi in tutto il mondo. «Se dovessimo arrivare ad un contagio interumano la mortalità potrebbe raggiungere, almeno nel primo periodo di diffusione, picchi anche del 32%: ogni cento persone contagiate, 32 perderebbero la vita. Una cifra altissima anche paragonata alla mortalità del Covid-19 persino nelle prime fasi della pandemia – spiega l’epidemiologo -. È innegabile che un’emergenza da aviaria potremmo affrontarla avendo già a disposizione dei vaccini approvati: sul mercato ce ne sono già quattro destinati ad un uso umano. Ma sarebbe senza dubbio cosa migliore evitare di arrivare a dover gestire una situazione emergenziale, avendo a disposizione esperienza, conoscenze ed adeguati strumenti di prevenzione».
Intanto, nell’attesa che i decisori politici mettano in atto azioni di contenimento adeguate, così da scongiurare una nuova pandemia, ogni cittadino, nel proprio piccolo, può mettere in atto alcune semplici misure di prevenzione: «Indossare dei guanti prima di toccare qualsiasi carcassa si rinvenga per strada o nel giardino di casa e lavarsi accuratamente le mani dopo essere entrati in contatto con un animale vivo, facendo attenzione, nel frattempo, a non toccarsi il viso, in particolare occhi e bocca», consiglia Ciccozzi. Sul consumo di latte, uova e carne nessun allarmismo: «Basta mangiarli sempre previa cottura e bere solo latte pastorizzato», conclude il professore.
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